Con il sottotitolo Appunti, celebrazione e proteste di un corpo vulnerabile Daniele Ninarello, nel suo ultimo anno da “artista associato” a Oriente Occidente, firma un articolato progetto performativo e didattico: NOBODY NOBODY NOBODY. It’s ok not to be ok. In questo contesto prendono forma uno spettacolo in assolo da lui interpretato, un'installazione site specific per gli spazi espositivi del Mart e un laboratorio collettivo con adolescenti del territorio nello spazio studio di Oriente Occidente.
Danzatore unico nel costruire un movimento che nasce dall’interiore, con una qualità singolare e stupefacente di controllo e velocità, Ninarello torna in scena da solo a distanza di anni per una serie di azioni o meglio “proteste”, come le chiama, nate da pratiche solitarie e meditative durante la pandemia. «Ho trascorso il lockdown da solo nella mia casa di Torino» racconta «e in quella condizione di costrizione sul mio corpo sono riaffiorate sensazioni del passato: il sentirsi in trappola, il bullismo, l’offesa. Tornavano nel presente con forza, trasformando persino il mio modo di comporre danze interiorizzato in anni di pratica. Il mio corpo non presentava più i soliti meccanismi conosciuti di fraseggio o articolazione, bensì “parlava”, creava un discorso. Movimento e posture liberavano la mia voce».
Voce che gli spettatori sentiranno nello spettacolo, veicolata nel suo corpo come nel canto e nella musica live della sua chitarra elettrica e che i visitatori del Mart nell'installazione del mattino percepiranno nella condivisione di una vulnerabilità non più privata agli sguardi. Il desiderio dell’autore per questo site specific è proprio quello di aprire un varco nelle fragilità di chi guarda per risuonare insieme. «Solo così» spiega Ninarello «nel processo di autocoscienza liberato nello spazio comune si mette in atto una vera protesta». Quella protesta che lascerà emergere anche dagli adolescenti, grazie alla pratica artistica e alla sollevazione di questioni culturali e politiche sul corpo, su ciò che esso può rappresentare in relazione a come impariamo a gestirlo e come impariamo ad “offrirlo” ad esempio attraverso i social media. Ecco allora che il corpo si fa simbolo di un territorio in cui indirizzare il pensiero di cura, attraverso appunti, celebrazioni e certamente proteste.