Teatro fisico, corpi che rotolano, si scontrano, fulminanti nell’impatto emotivo delle prese. Salti, corse a rotta di collo, arrampicate pericolose per la scena, comunicazione alla pelle di chi guarda di un coinvolgente senso del rischio. E poi un modo di consegnarci, sotto la forza dell’energia dirompente della danza, un pensiero pieno di amore per l’arco della vita, viaggio tra nascita e morte, tra fanciullezza, maturità e vecchiaia. E’ un affollarsi di sensazioni e di immagini forti, un lasciare che la memoria passeggi tra gli spettacoli e i film ideati da Wim Vandekeybus dagli anni Ottanta a oggi in Belgio con la sua strepitosa compagnia Ultima Vez. Coreografo, filmaker, performer, regista e fotografo, Vandekeybus chiude il Festival, in linea con la storica tradizione di Oriente Occidente di riservare uno dei suoi appuntamenti più importanti a un artista che ha segnato in profondità il cammino degli ultimi decenni della danza contemporanea.
Spiegel nasce per festeggiare nel 2006 i vent’anni di Ultima Vez. Il titolo significa “specchio” ed è un viaggio tra sette spettacoli storici della compagnia a partire dalla prima rivelatoria creazione, What the Body Does Not Remember del 1987 fino a “Inasmuch as Life is borrowed...” del 2000. “Spiegel – spiega Vandekeybus – va visto come una sorta di cena fatta con gli ingredienti del passato. Si inizia con un aperitivo dal gusto raffinato, si finisce con un delizioso dessert e con del liquore”. E’ indimenticabile quella corsa in tondo con lancio di mattoni, un quadro esemplare sul rischio che è chiave d’accesso all’idioma inconfondibile di Vandekeybus. Non a caso la menzione del Bessie Award del 1987 data a What the Body Does Not Remember individuava in Vandekeybus la capacità di dare visione al“paesaggio pericoloso e combattivo della danza”.
Spiegel è un lavoro di un’ora e venti, ottenuto da un lavoro di taglio e di montaggio fatto da Wim insieme ai danzatori a partire da 36 ore di materiale. Un corpus che non è però un collage, ma risponde alla voglia di osservare il linguaggio di movimento messo a punto da Ultima Vez nel corso degli anni. “Spiegel – dice Vandekeybus - fornisce un punto di vista sullo sviluppo di questo linguaggio (…). Se è vero che ho sempre lavorato su ciò che intendevo comunicare, in Spiegel mi sono concentrato sull’origine dei movimenti, sugli stati d’animo e le idee da cui questi nascono”.
In Spiegel si respira però anche la riflessione sul tempo che passa così presente in “Inasmuch as Life is borrowed...”( Nella misura in cui la vita ci è data in prestito), l’istinto e il desiderio (In Spite of Wishing and Wanting), l’ambiguità e la paura del destino (7 for a Secret never to be told). Musiche da David Byrne a Thierry De Mey, Pierre Mertens, Marc Ribot, Peter Vermeersch per un affondo da non perdere sulla presenza del corpo in scena.
www.ultimavez.com