Una nuova creazione di Chiara Bersani per la compagnia svedese di danza integrata Spinn, diretta da Veera Suvalo Grimberg. L’artista lodigiana indipendente, coreografa, drammaturga e nota collaboratrice e performer di Alessandro Sciarroni e Marco D’Agostin, dopo il successo del suo ultimo assolo Gentle Unicorn in cui ribadisce con forza tra attese e sospensioni che “il corpo non può più fuggire al suo essere politico: non può farlo quando s’immerge nella società imponendo la propria forma al mondo e ricevendo in risposta significati, interpretazioni e aspettative” prepara ora su commissione Moby Dick per quattro danzatrici abili e con disabilità di Danskompaniet Spinn. Lei stessa affetta da osteogenesi imperfetta, una forma di fragilità ossea, Chiara Bersani ha dovuto più volte sospendere il progetto avviato già nel 2018 causa pandemia. Cancellate le residenze artistiche a garanzia di una conoscenza reciproca e di un lavoro sul campo, la creazione ha trovato una complicatissima modalità a distanza e poi una breve residenza a Rovereto prima del debutto assoluto al Festival. Da qui un’ulteriore riflessione da parte della coreografa sulla difficoltà di vivere la disabilità durante la pandemia. Ed ecco che la sua Moby Dick non è più la balena bianca del nostro immaginario ma qualcosa di impossibile da visualizzare a occhio nudo, per niente inabissata e distante: piuttosto un’entità che ci avvolge perché “noi siamo dentro di lei - dichiara l’artista - e lei dentro di noi… come un virus”. Se dal romanzo ottocentesco di Herman Melville è possibile ereditare una riflessione sull’attesa, sullo stare, sul non saper agire, ora la libera rilettura di Bersani nei corpi e nel movimento delle quattro danzatrici svedesi diventa ancor più un’opera sullo smarrimento, quello smarrimento che produce la nebbia che improvvisamente sale dal mare.
In un paesaggio senza parole, le danzatrici vivono un silenzio assordante e aspettano forse qualcosa di nuovo; una scintilla che farà esplodere il ritmo del corpo e che poi troverà pace. “Non penso sia pericoloso questo luogo-creatura - scrive ancora Bersani nelle note al lavoro - penso non faccia veramente paura alle mie creature complici sulla scena, ma è così terribilmente sconosciuto che smuove in loro qualcosa che arriva molto prima della paura. Cosa c’è prima della paura? Non saprei. Ho d’altro canto una sola certezza: Moby Dick è il suono. E noi siamo coloro che provano a vivere nel frastuono”.