Un amore della Guadalupa
Viene dalla Guadalupa, una delle Piccole Antille francesi e più esattamente dalla sua capitale Pointe-à-Pître, la coreografa Chantal Loïal che abbiamo conosciuto e visto danzare ripetutamente nella leggiadra compagnia Montalvo-Hervieu.
Ma questa volta Chantal presenta in prima nazionale il suo gruppo, Difé Kako, fondato a Parigi nel 1994, e una pièce, Aski Parè (ha debuttato in Francia nel gennaio scorso) esplicativa della sua inesausta e appassionata attività di divulgazione della tradizione folcloristica, anche musicale, delle Antille e africana.
A differenza di tanti protagonisti della coreografia odierna, Chantal non punta a far emergere o ad amalgamare le differenze culturali, i modi di danzare opposti, di vivere e riflettere sulle esperienze quotidiane con quello spirito di ecumenica globalizzazione che ebbe padri storici anche sul versante ballettistico e proprio in Francia (si pensi a Maurice Béjart).
Pur essendosi destreggiata con estrema professionalità tra tante e diverse compagnie contemporanee francesi(quella di Jérôme Deschamps, ad esempio) e avendo appreso il valore della lentezza, del silenzio, delle nuances del movimento anche infinitesimale – “nelle Antille la danza è veloce ed energetica, il folclore è un cataclisma che non deve mai annoiare il pubblico”, dice – Chantal Loïal preferisce far rivivere a ogni spettacolo (sino a oggi ne ha confezionati una decina e tutti accolti nelle sfilate del Carnevale delle Antille e della Martinica) lo spirito del “léwoz” ossia della festa intesa come riunione famigliare di danza e musica percussiva, tipica delle Antille, già ai tempi della schiavitù. Certo nel soggetto di Aski Parè – storia della frustrazione femminile all’indomani della fine di un amore – e nella sua spoglia messinscena ravvisiamo più di un collegamento con la danza europea. Una sedia (di quante sedie si è popolata la coreografia anni Quaranta di Béjart o il teatrodanza della Bausch?) marca l’assenza dell’uomo desiderato in una lucida e a tratti feroce cronaca di un abbandono. Loïal nutre il suo Aski Parè di accortezze coreografiche occidentali. Cinque interpreti, tra le quali non compare la coreografa, danzano e cantano il loro dolore e in questo sfogo sublimano la sofferenza nel tentativo di risorgere. La passionalità del movimento, mescolata alla potenza delle percussioni, alla nostalgia della fisarmonica e al graffio del basso-chitarra (tutte le musiche create ad hoc ripercorrono il repertorio tradizionale africano e delle Antille), polverizza ciò che di negativo esiste nella fine di un amore per dar vita a un possibile nuovo inizio.