Io della mia dolce Armenia amo la parola dal sapore di sole,
Della nostra antica lira amo le corde dai pianti di lamento,
Dei fiori color sangue e delle rose il profumo ardente
E delle fanciulle di Nayiri amo la danza morbida e agile. [...]
Abbiamo deciso quest’anno di dedicare un momento particolare del Festival all’Armenia, Paese ferito dalle conseguenze delle guerre ancora visibili, con tre eventi ed una mostra fotografica.
L'occasione ce la dà l'adesione ufficiale dell'Armenia al Memorandum di Pace di Maria Dolens, issando la bandiera sul Colle di Miravalle, dove le bandiere dei Paesi aderenti sventolano sul viale che porta alla Campana dei Caduti, una grande campana costruita nel 1924 grazie alla fusione del bronzo dei cannoni offerto dalle nazioni partecipanti al primo conflitto mondiale per onorare i Caduti di tutte le guerre e per invocare pace e fratellanza fra i popoli.
La mattina di venerdì 9 settembre è in programma la cerimonia ufficiale, alla presenza dell’ambasciatrice armena in Italia Tsovinar Hambardzumyan.
Lo stesso giorno saranno altri due gli appuntamenti. Alle ore 17 il giornalista, scrittore e saggista Emanuele Giordana analizza le vicende che hanno portato lo scontro tra Armeni e Azeri nell’incontro Nagorno Karabakh: la contesa infinita nel cuore del causo.
Al termine della conferenza, alle ore 18.30, parte della più grande programmazione del Festival, il concerto di Gevorg Dabaghyan - accompagnato da altri due musicisti - inviterà il pubblico in un viaggio sonoro che mescola musica popolare a musica sacra della tradizione armena.
Dabaghyan, musicista apprezzato a livello internazionale e attento alla salvaguardia del ricco patrimonio folkloristico del suo paese natale, è considerato il massimo esperto al mondo di duduk, lo strumento tipico armeno dal 2008 patrimonio Unesco.
Ad anticipare tutto questo, sabato 3 settembre alle ore 10 è in programma l’inaugurazione della mostra Le guerre degli altri del fotoreporter Roberto Travan, in dialogo con la giornalista Alice Pistolesi.
Giornalista professionista e fotografo indipendente, Travan ci mostra la guerra spesso silenziosa e che sembra non trovare fine per il possesso del Nagorno Karabakh, regione che Stalin nel 1920 sottrasse all’Armenia cristiana annettendola all’Azerbaijan musulmano e che dal 1992 è terra di conflitto.
La mostra rimane visitabile alla Campana dei Caduti fino al 4 ottobre.