Zurigo, primavera del 1940. La Seconda guerra mondiale è iniziata da qualche mese e l’esercito della vicina Germania nazista minaccia la regione con una possibile invasione. Il confine con i potenti vicini bellicosi dista solo 25 km dal centro urbano. In città l’atmosfera è tesa, la gente pianifica fughe verso le Alpi, cerca riparo.
C’è un solo luogo che sembra estraneo al tempo, forse perché chi lo vive ha deciso di non scappare più.
Il 10 maggio del 1940 il teatro Schauspielhaus di Zurigo mette in scena il Faust di Goethe. I nazisti manifestano una particolare predilezione per Faust, considerando la sua storia come la "tragedia dell'uomo nordico", un simbolo della loro percezione della ricerca gotico-germanica dell'infinito.
In questa rappresentazione però gli attori sono tutti esuli fuggiti dalla Germania nazista perché appartenenti a minoranze perseguitate.
Nonostante l'atmosfera bellica e l'imminente pericolo, il pubblico accorre e applaude freneticamente ogni allusione alla situazione di tensione. Quel giorno, nel vecchio teatro Zurighese, si afferma il centro europeo della resistenza intellettuale, ma la sua storia di opposizione al regime nazista nasce molto tempo prima.
Negli anni '30, il direttore dell'epoca Ferdinand Rieser e il suo ensemble decidono di acconsentire la messa in scena di opere antifasciste, che provocano non poche proteste dei simpatizzanti nazisti svizzeri. Nonostante le critiche, Rieser getta le basi per la fama del teatro come una "fortezza piena di esplosivi intellettuali", come lo definisce Oskar Wälterlin.
A partire dal 1933, infatti un'ondata di attori e registi tedeschi emigra a Zurigo, trovando rifugio nella compagnia dello Schauspielhaus. Nomi come Therese Giehse, Albert Bassermann, Maria Becker, Ernst Ginsberg, Kurt Horwitz, Leopold Lindberg, Grete Heger, Teo Otto e molti altri arricchiscono il palcoscenico del Pfauen, contribuendo a consolidare il teatro come punto di riferimento per gli artisti in esilio.
Questi talentuosi artisti e talentuose artiste giocano un ruolo chiave nell'ascesa dello Schauspielhaus come teatro di emigranti durante la Seconda guerra mondiale.
In quel periodo il teatro di Zurigo rappresentava l'unico palcoscenico libero nella regione di lingua tedesca, in netto contrasto con le limitazioni imposte in Germania e Austria, dove era consentito mettere in scena solo opere gradite al regime.
Questo contesto di emigrazione e resistenza intellettuale fornisce la cornice per gli eventi eccezionali che caratterizzano il teatro durante quel periodo cruciale della storia.